| Una vita bio
Il modello Milano nel mirino
La rigenerazione urbana, di cui tanto si parla nei progetti che il Comune di Milano sta costruendo dal dopo-Expo e che si appresta a realizzare da qui alle Olimpiadi 2026, sta suscitando non poche critiche da parte di ricercatori urbani che stanno scrivendone e parlandone ovunque (Lucia Tozzi -L’invenzione di Milano, Cronopio/2023; Sarah Gainforth -Abitare stanca, Effequ/2022; Stefano Portelli -Le nuove recinzioni, Carocci/2023 e Stefano Cardini, tra i più attivi). Un modello di comunicazione che non è ascrivibile solo a Milano (Londra, Amsterdam e Berlino, altri esempi noti), ma che vede nel capoluogo lombardo sommarsi gran parte degli aspetti critici segnalati dagli studiosi. Con la conseguenza di ottenere una metropoli splendente e attrattiva, ma poco ospitale per gran parte dei cittadini. «Questo, grazie allo spostamento di risorse materiali e intellettuali destinate alla produzione di cultura, ricerca, servizi di welfare verso la creazione dell’immagine di una metropoli globale del lusso». Nel frattempo, è appena uscito il primo Rapporto OCA, Osservatorio sull’abbordabilità della casa (DastU Politecnico di Milano, con CCL - consorzio cooperative lavoratori e Deltaecopolis- cooperativa di abitanti). A cura di Massimo Bricocoli (capo del Dipartimento di architettura e studi urbani) con Marco Peverini (https://oca.milano.it), titola: “Non è una città per chi lavora. Costi abitativi, redditi e retribuzioni a Milano”. La ricerca parte da una raccolta dati sui costi abitativi (canoni di affitto e valori di acquisto) e sui redditi di chi cerca casa. Fonti: ISTAT, Ministero dell’Economia e Finanze, Agenzia delle entrate (comparto mercato immobiliare) e INPS. In sintesi: la metà dei nuclei residenti a Milano risultano composti da una sola persona; ad essere sempre più in difficoltà sono (oltre agli studenti italiani ed expat) quei profili considerati qualificati e utili socialmente, come i medici ospedalieri e gli insegnanti, che approdano a opzioni lavorative in condizioni abitative e di vita inadeguate. Sulla riduzione del numero di alloggi di edilizia popolare emerge il dato che dal 2015 al 2021 sono stati chiesti, a Milano, permessi di costruire da parte di enti pubblici per soli 196 alloggi, ossia l’1,1% del totale dei permessi edilizi rilasciati. Un capitolo di OCA è dedicato all’erosione del patrimonio di case popolari a partire dall’approvazione del decreto sull’alienazione per messa in vendita (da fine 2014, anche se Aler fece un primo tentativo nel 2009): questo ha portato alla scomparsa di 25.000 alloggi popolari nelle assegnazioni. Tanti se si considera l’attuale consistenza pubblica di circa 60.000 alloggi. All’ultimo Forum dell’Abitare (marzo 2023), l’assessore alla casa Maran ha dichiarato che per gestire le abitazioni popolari a Milano servirebbe la creazione di una «Società Casa» che faccia da rete tra gli Enti e perché torni a crescere sensibilmente il patrimonio immobiliare per le fasce sociali più fragili.